Il Majorana a teatro: Simon Boccanegra
- Carlo Bertini
- 6 gen 2016
- Tempo di lettura: 2 min

Certo non era un evento dei più facili quello che ieri sera (4/1/2016) si è presentato al teatro del Giglio di Lucca.
L’opera di Verdi tra le meno conosciute poteva destare nel profano vulgo più che qualche timore reverenziale. Di fronte alla trama complicata e spinosa degna di un moderno Alfred Hitchcock gli spettatori avrebbero potuto ammainare bandiera bianca e volgere altrove lo sguardo. Così non è stato ed una certa attenzione nonché trepidante partecipazione si è levata nei cuori dei ragazzi (uso il maschile per entrambi i sessi) in modo tale che sicuramente l’anima del parmigiano (ovvero abitante di Parma, di Busseto per la precisione), per chi crede nella metafisica, si sentirebbe sicuramente soddisfatta.
Il Simon Boccanegra inanella momenti struggenti e densi di emozione, come quando alla fine del prologo il protagonista assapora l’eterna contraddizione della vita umana, vita intrisa di gioia e dolore, dove male e bene si rivelano due entità inseparabili: l’estrema infelicità per la morte della donna amata si stempera nella gioia di essere arrivato al sommo gradino del potere, proprio come l’acciaio infuocato di una spada viene immerso nell’acqua dalla mano del fabbro.
L’opera teatrale, la lirica in particolare, necessità sicuramente di un’attenzione diversa da quella a cui sia alunni che docenti sono abituati. Non è come vedere un film, una partita, non è come scrivere messaggi su whatsup o andare su Facebook...la lirica richiede una concentrazione ed un impegno insolito. Eppure, sia grazie alla splendida lezione del prof. Greco, sintetica ed efficace, come le vere grandi lezioni, tenuta prima delle vacanze natalizie, sia grazie ai dispositivi Apple, Samsung e alia minora (gli altri tipi o marchi che dir si voglia di cellulari) l’opera è stata compresa ed apprezzata. I cellulari, questa volta, sono stati protagonisti positivi. Non più fonte di disturbo durante la lezione o strumento per copiare la versione di latino, il cellulare si è eretto a veicolo di salvezza. Ha permesso di leggere le parole che gli attori recitavano e cantavano, ma senza il testo sotto gli occhi era davvero impresa ardua riuscire a seguire.
A tal proposito devo ringraziare il prof. Cesana che mi ha sostenuto con il suo cellulare, mentre il mio Huawei, ahimè, mi abbandonava spegnendosi alla fine del primo atto.
La prova dei cantanti e dell’orchestra è stata di buon livello, almeno così mi hanno detto docenti esperti di lirica. Ad avvalorare tale affermazione posso addurre anche la testimonianza di un’altra grande esperta di lirica, la mitica “zia Loretta”, (mia parente) la quale mi ha confermato che l’interpretazione è stata di buon livello.
Ispessiti nella persona e fieri di aver superato una prova così importante, il Majorana è uscito dal teatro per recarsi al meritato ostello, nonché magione avita, dove adagiarsi nel dolce riposo, ognuno ripensando ai momenti più intensi dell’opera. Forse il finale? Là dove ancora mi risuonano nelle orecchie e nella mente quelle parole tanto tristi quanto vere...
Ogni Letizia in terra
è menzognero incanto;
d’interminato pianto
fonte è l’umano cor.
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